Chiesa del Grembiule

Un giorno, in chiesa, dopo un servizio straordinario per rendere la Casa del Signore ospitale e accogliente, un grazie ed un sorriso tra le labbra, la gioia che illumina gli sguardi, il sentimento di pienezza e di soddisfazione per aver compiuto qualcosa di importante per la comunità, ma che in fondo era solo un piccolo tempo dedicato alla cura, mi ha portato a riflettere sul sacrificio delle persone che accettano di “servire” la propria comunità, persone che in sordina e con immensa dedizione offrono tempo prezioso a questa grande famiglia.  Per questo, con d. Mauro, abbiamo pensato ad un’intervista dedicata, che coinvolgesse il pensiero di tutti gli operatori che si impegnano, ogni giorno, nei molteplici servizi alla chiesa.

Attraverso le domande e le risposte ricevute, proviamo a far comprendere quanto servire la comunità sia appagante e faccia sentire l’animo umano nutrito dell’amore del Signore.

Certamente ogni domanda è rivolta al lettore perché possa intraprendere un viaggio introspettivo che lo accompagni a comprendere il senso del proprio cammino all’interno della comunità cristiana.

Negli articoli riguardanti il Servizio, più volte si è ripetuta la parola “Comunità”; che significato assume in te questo termine?

Per comunità intendo una grande famiglia, il cui stile deve essere quello del perdono, dell’ascolto, della condivisione, della comprensione, dell’umiltà. Un ambiente in cui ci si sente amati e si ama senza pretese e senza riserve, cercando di mettersi nei panni l’uno dell’altro e di vivere la misericordia.

Cosa Fai ogni giorno per la tua comunità?

Presto servizio in diversi ambiti e condivido la fede in Cristo. Partecipo come posso alla vita comunitaria.

E quindi, cosa porti e cosa ricevi dalla tua comunità?

Credo di poter dire che porto alla mia comunità molta energia, spirito positivo e tanti sorrisi, per quanto mi è possibile. A questo, spesso, si aggiungono debolezze e preoccupazioni, che però, se condivise, assumono una prospettiva diversa divenendo sempre più semplici da affrontare.

La mia comunità mi dà quindi un forte sostegno attraverso persone a me particolarmente vicine, oltre a moltissima ricchezza in amicizie, insegnamenti su come affrontare le relazioni e le situazioni difficili, divertimento, fatica, tanta soddisfazione e la gioia della collaborazione.

Porto la mia persona, porto quello che sono, la mia testimonianza di vita, la mia disponibilità fraterna, e ricevo altrettanto.

Ma, cosa vuol dire prestare un servizio gratuito alla chiesa?

Servizio gratuito perché sento dentro me il desiderio forte di fare la mia parte, per quanto possibile, nel trasmettere il messaggio di gioia di Gesù. A volte mi sento soffocare dagli impegni, altre volte guardando indietro mi rendo conto di quanto ho fatto e di quanto nulla sia casuale, di quanto mi sento amata nel contesto in cui mi trovo. Credo di vedere il disegno di Dio in quello che ho vissuto finora, nonostante la domanda “dove mi porterà?” sia sempre senza risposta.

Ma ho davvero fiducia in “Lui” che sa consegnare ad ognuno di noi “la croce che è in grado di sopportare”.

Queste risposte, sorprendenti, sono frutto di alcuni volontari della nostra comunità, che con semplicità svolgono, ogni giorno, un servizio gratuito per amore del prossimo e quindi, per amore verso nostro Signore.

“…Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti…” (Marco 10,35-45)

Per parlare del servizio, ancora una volta attingo alla parola del Vangelo, un libro, una sacralità così antica ma straordinariamente così attuale che sembra di leggere la quotidianità dei nostri tempi. Gesù umile in mezzo agli uomini, dimostrava tutta la sua potenza in qualità di RE del Regno dei Cieli e non smetteva mai di seminare. Una vita, quindi, quella di Gesù, molto intensa e faticosa che senza escludere lacrime e dolori, arriva a farsi crocifiggere pur di incidere l’amore in ognuno di noi.

Nel Vangelo Marco (cfr. 11,15-16) racconta come Gesù, entrato a Gerusalemme, trova il “Tempio” sporco e corrotto, un luogo di commercio e di scambio valute; tutto questo era troppo per il Signore, ma egli è "Giudice", e con la sua autorità e anche con la sua forza fisica (proviamo ad immaginare questa scena), scaccia le persone che hanno trasformato il “Tempio” in un luogo di corruzione, lo definisce “…una Spelonca di ladri”; fa volare i tavoli e rovescia le sedie; egli non permette falsità, ipocrisia o doppiezza e né tantomeno inganno.

Per Gesù lo scopo del Tempio era creare un luogo in cui poter pregare, lodare il Signore e supplicare.

Oggi, come allora, siamo chiamati a rispettare la casa del Signore; è un luogo sacro dove la pulizia del tempio avviene in ognuno di noi, ma oltre alla pulizia interiore, ciò che colpisce entrando in una chiesa è la bellezza, lo splendore che incontrano i nostri occhi; non si trova nulla fuori posto e insieme al profumo d’incenso che inebria il nostro spirito e dei fiori che, chissà perché, lì hanno un profumo più intenso, possiamo sentire il profumo di un luogo sempre pulito, grazie a quelle persone dedite che offrono tempo prezioso e sacrificio affinché la casa del Signore sia come egli vuole, un tempio che possa accogliere il linguaggio degli umili, un Tempio che aiuti a seminare in ogni cuore per trasformare il male in bene e gioia infinita.

Persone che offrono tale servizio alla chiesa sono degni servitori del Signore e chini a lustrare i banchi di preghiera fanno la volontà di Dio.

Per questi motivi, questo servizio, per quanto umile può sembrare è invece il più nobile cui la comunità possa ambire.

“Chiunque ha un ruolo nella chiesa è chiamato a non esercitare un potere, ma a svolgere un servizio”, definito dal vescovo don Tonino Bello, spirito della convivialità.

Nella piccola frazione di San Bortolo, la sagra patronale 2018, ha offerto una buona occasione ai parrocchiani per comprendere che cosa vuol dire “Condivisione” e lo “stare Insieme”, ed è con questo spirito che la comunità si impegna a crescere e ad accrescere lo stimolo a “Dare”. Non è senza divergenze che questo avviene, ma quasi sempre, come un miracolo, i nodi si sciolgono e tra le fatiche e le emozioni condivise, le persone ritrovano il senso delle cose.

Anche quest’anno si è conclusa la festa di San Bartolomeo che ha dimostrato l’importanza del concetto di Convivialità. Non è semplice organizzare una festa così articolata nelle responsabilità e negli oneri, senza la complicità di ogni singolo individuo che nella vita di ogni giorno svolge tutt’altro "mestiere" e poi si adopera senza alcuna ricompensa al servizio della comunità; ma in fondo la ricompensa arriva nei cuori di ognuno, quando a conclusione della fatica, ci si ritrova nuovamente insieme, fianco a fianco ad urlare la “Gioia” per la riuscita che non è altro che la manifestazione comune di un sentimento d’affetto, che conferma l’importanza della relazione e l’indispensabile funzione della “Comunità”.

A questo proposito invito chiunque a rileggere la preghiera scritta dal Vescovo Tonino Bello “Maria donna conviviale”, perché esprime le debolezze umane, “demoni della discordia” e ci aiuta a calmare gli animi e ritrovare la serenità interiore e la comunicazione con le persone.

Eccola di seguito:

«Santa Maria, donna conviviale, alimenta nelle nostre Chiese lo spasimo di comunione.
Per questo Gesù le ha inventate: perché, come tante particole eucaristiche disseminate sulla terra,
esse abbiano a introdurre nel mondo quasi una rete capillare di pubblicità,
gli stimoli e la nostalgia della comunione trinitaria.
Aiutale a superare le divisioni interne.
Intervieni quando nel loro grembo serpeggia il demone della discordia.
Spegni i focolai delle fazioni. Ricomponi le reciproche contese. Stempera le loro rivalità.
Fermale quando decidono di mettersi in proprio, trascurando la convergenza su progetti comuni.
Convincile profondamente, insomma, che, essendo le comunità cristiane
punti vendita periferici di quei beni di comunione che maturano in pienezza solo nella casa trinitaria,
ogni volta che frantumano la solidarietà, vanno contro gli interessi della Ditta»

 

Con i più giovani della nostra comunità, in questo periodo dedicato al Grest, si è trattato il tema dell’“Amicizia”, e quale modo migliore se non il “gioco” esprime e s’imprime nel piacere del fare?

Nella definizione del termine “Amicizia” si legge che, questa, si caratterizza da un rapporto di parità. Anche se non sono sempre d’accordo con questa affermazione, mi trovo in sintonia quando leggendo ancora, trovo che nell’amicizia ci deve essere un nutrito rapporto di “fiducia” e di “divertimento”.

Sembra contraddire la consuetudine dell’espressione culturale trasmessa dai nostri precessori, che racconta di amicizie che si consolidano nella fatica e nel dolore; ma si può sicuramente e scientificamente provare che è nel piacere che si “fissano” le cose.

Ragazzi e ragazze, attraverso un servizio prestato alla comunità, hanno insegnato ai più piccoli, nei giorni passati insieme, il vero valore dell’amicizia, adoperandosi, e abbandonando completamente l’interesse di ognuno per “Incontrare” e insieme iniziare un “cammino” di condivisione.

È pur vero che, i bambini hanno “scelto” quest’anno (memori dell’esperienza degli scorsi anni) i ragazzi e gli adulti con cui passare piacevolmente il loro tempo e hanno insegnato loro, la bellezza di trovarsi insieme e “gioire” nella consapevolezza che questo sentimento condiviso è un dono di Gesù.

Ricapitolando l’esperienza (come all’inizio del percorso ha significato nella preghiera in preparazione al GREST, don Mauro), questo ulteriore servizio alla chiesa, non può altro che mettere in luce, o forse è più corretto dire, “Illuminare” i punti focali del vero senso dell’amicizia, quali: Incontrare, Camminare insieme, Conoscere, Scegliere; proprio come Dio in Gesù ha scelto ognuno di noi, per prendersi cura e donare quel sentimento di unione profonda che conferisce all’animo una gioia inesprimibile.

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