Sanificare l'umanità

 

L'invito del Papa. Sanificare l’umanità può anche santificarla

 

Per chi preghiamo, di solito? Se qualche società specializzata promuovesse un sondaggio di questo tipo, molte categorie, a cominciare dai nostri cari, figurerebbero nell’elenco. Ma non sarebbe probabilmente una sorpresa trovare all’ultimo posto (o forse addirittura fuori classifica) quelli che il Papa ieri, nella catechesi del mercoledì, ha chiamato «i più brutti peccatori, la gente più malvagia, i dirigenti più corrotti». In sostanza, quelli che nei film o nei romanzi definiamo come 'i cattivi' e che purtroppo non mancano nella vita reale a tutti i livelli.

Molto spesso agendo scopertamente, come avviene ad esempio quando si tratta di delinquenza (organizzata o meno) e di crimini efferati. Ma talvolta persino dietro un paravento di rispettabilità, come succede in certi campi della politica o dell’economia. Francesco ha chiesto di pregare anche per loro. Perché essi pure «appartengono a Dio», sono figli suoi, e «Gesù – ha rimarcato il Papa – sente questo e intercede per tutti».

C’è in queste parole tutta una freschezza evangelica (pregate per i vostri nemici, ha raccomandato Cristo) che va assolutamente recuperata, specie in tempi difficili come quello che stiamo vivendo, perché essa indica una prospettiva più 'pratica' di quello che possa sembrare a prima vista. Il mondo, ha spiegato papa Bergoglio, «vive e prospera grazie alla benedizione del giusto, alla preghiera di pietà, che il santo, l’intercessore, il sacerdote, il vescovo, il Papa, il laico, qualsiasi battezzato, eleva incessante per gli uomini, in ogni luogo e in ogni tempo della storia». È la meravigliosa e assolutamente originale contabilità di Dio, che non utilizza affatto la rigida logica della partita doppia, dare e avere. Non si basa sulla matematica dell’inesorabile, due più due fa sempre quattro. Non fa calcoli di probabilità e convenienza, ma investe tutto sulla forza dell’amore e alla fine riporta il bilancio sempre in attivo, perché il deficit del male viene ripianato, si potrebbe dire, dalla generatività del bene. In questa contabilità non c’è bisogno di ragionieri, ma di pontefici.

 

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