Il Papa: una Quaresima di carità, dono che dà senso alla vita
Il tradizionale Messaggio per la Quaresima quest’anno ha come tema: “’Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…’ (Mt 20,18). Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità”
Vivere la Quaresima “come percorso di conversione, preghiera e condivisione dei nostri beni” in modo di “rivisitare, nella nostra memoria comunitaria e personale, la fede che viene da Cristo vivo, la speranza animata dal soffio dello Spirito e l’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre”. E’ questo l’appello lanciato da Papa Francesco nel tradizionale Messaggio per la Quaresima che quest’anno ha come tema: “’Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…’ (Mt 20,18). Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità”.
Nel testo, diffuso oggi, il Pontefice ricorda che la Quaresima è “un tempo di conversione” e che il digiuno, la preghiera e l’elemosina, così “come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione”, sono “le condizioni e l’espressione della nostra conversione”. Infatti “la via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa”.
La Quaresima quindi “è un tempo per credere”, ovvero “per ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di ‘prendere dimora’ presso di noi”. E digiunare vuol dire “liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma ‘pieno di grazia e di verità’ (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore”.
La Quaresima è tempo di speranza nella riconciliazione, perché “ricevendo il perdono, nel Sacramento che è al cuore del nostro processo di conversione, diventiamo a nostra volta diffusori del perdono: avendolo noi stessi ricevuto, possiamo offrirlo attraverso la capacità di vivere un dialogo premuroso e adottando un comportamento che conforta chi è ferito”. Di qui l’invito, ripreso dall’enciclica “Fratelli tutti”, ad essere più attenti in Quaresima a “dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano”. Perché a volte, per dare speranza, basta essere “una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza”.
Infine la Quaresima è tempo di carità, che “vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno”, rimane “la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza”. Una carità che “si rallegra nel veder crescere l’altro”. E che quindi “soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno…”. Una carità che oggi “vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19”.
La carità insomma “è dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello”. Infatti “il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità. Così avvenne “per i pani che Gesù benedice, spezza e dà ai discepoli da distribuire alla folla”. Così avviene “per la nostra elemosina, piccola o grande che sia, offerta con gioia e semplicità”.
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