Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana scrive...

Una sapienza antica ci insegna che «per ogni cosa c’è il suo momento»: c’è «un tempo per demolire e un tempo per costruire», un «tempo per stracciare e un tempo per cucire» e, infine, un «tempo per la guerra e un tempo per la pace». Questi passi del Qoèlet vanno oggi riformulati con tre verbi che ci guideranno nella riflessione di questi giorni e nell’azione pastorale del prossimo futuro: ricostruire, ricucire e pacificare.

C’è un’urgenza morale di ricostruire ciò che è distrutto. L’Italia è il Paese di una bellezza antica e prodigiosa, ricca di umanità e fede, di paesaggi incantevoli e con un patrimonio culturale unico al mondo. Una bellezza, però, estremamente fragile nel suo territorio, nei suoi borghi medievali, nelle sue città. Tra l’altro, ancora oggi non possiamo dimenticare quelle migliaia di persone che hanno perso tutto con il terremoto. Sentiamo una vicinanza intima e profonda con questi uomini e queste donne. Ricostruire quelle case, riedificare quelle città, significa donare un futuro a quelle famiglie e vuol dire ricostruire la speranza per l’Italia intera.

C’è poi un’urgenza spirituale di ricucire ciò che è sfilacciato. Ricucire la comunità ecclesiale italiana, esortandola a interpretarsi nell’orizzonte della Chiesa universale. Ricucire la società italiana, aiutandola a vivere come corpo vivo che cammina assieme. Occorre riprendere la trama dei fili che si dipana per tutto il Paese con l’attenzione a valorizzarne le tradizioni, le sensibilità e i talenti. Ricucire significa, quindi, unire. Unire la comunità ecclesiale, unire il Paese: da Lampedusa ad Aosta, da Trieste a Santa Maria di Leuca.

C’è infine un’urgenza sociale di pacificare ciò che è nella discordia. Il nostro Paese sembra segnato da un clima di «rancore sociale», alimentato da una complessa congiuntura economica, da una diffusa precarietà lavorativa e dall’emergere di paure collettive. Pacificare la società significa incamminarsi con spirito profetico lungo una strada nuova: quella strada che Giorgio La Pira chiamava «il sentiero di Isaia». Un sentiero di pace che si propone di abbattere «il muro della diffidenza» e di costruire ponti di dialogo.

Ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società. Tre verbi, tre azioni pastorali, tre sfide concrete per il futuro.

 

Video della prolusione del card. Bassetti

 


 

 

 

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