Azione cattolica nei lager

 

Giampaolo, che anche nel lager nazista aprì una sezione dell'Azione Cattolica

Con la moglie, anche lei centenaria, si prepara a festeggiare i 67 anni di matrimonio

 

Una storia di «ordinaria felicità», la si potrebbe definire, che ha raggiunto traguardi straordinari. Cento anni lei, 100 lui (che compiranno a pochi mesi di distanza, a luglio e in ottobre) e 67 anni di matrimonio da festeggiare quest’anno, ancora insieme. Con una forza e uno spirito che nascono, anche, da una fede provata anche da due anni passati nei campi di prigionia per i militari italiani nella Germania e nella Polonia naziste.

Giampaolo Baschetti e sua moglie Marcella vivono a Faenza, provincia di Ravenna e, a stare ad ascoltarli, in realtà viene il sospetto che ogni giorno per loro sia una vera festa. «La nostra è una bella storia – spiega Giampaolo – più felice di così non poteva essere». «Ogni giorno è un regalo: ci alziamo e ringraziamo di essere ancora qui, ancora insieme, con Giovanna (la figlia, ndr) vicina».

Eppure, come in ogni vita e in ogni matrimonio, le difficoltà non sono mancate: Giampaolo, poco più che ventenne, dovette interrompere gli studi universitari di Chimica perché venne arruolato nell’esercito di leva e, con l’8 settembre, fu arrestato e spedito nei campi di prigionia per gli “Imi”, internati militari italiani, esperienza che racconta nel capitolo “Azione Cattolica nei lager” del volume “Dai fronti di guerra” di Arturo Frontali. Già perché anche nei campi nazisti, grazie alla presenza di don Mario Besnate (faentino pure lui) Baschetti diede vita, con alcuni compagni, ad una sezione della Giac, la “Gioventù italiana di Azione Cattolica”. Il cibo scarseggiava ma bisognava nutrirsi di speranza e di fede. «A volte – ricorda – si faceva la Comunione con una scheggia di ostia, ma quella bastava».

Tra le fatiche, la scarsità di cibo, i continui trasferimenti di campo in campo, l’amicizia dei compagni era l’altra fonte di sostentamento. E tra gli incontri che non può dimenticare di quegli anni c’è anche quello con Giovannino Guareschi, il papà di Don Camillo e Peppone: «Con il suo umorismo, ci teneva sempre su di morale, racconta».

 

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